Immagine corporea e autostima

affrontare le pressioni sociali nel mondo di oggi

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Viviamo in un mondo che ci spinge continuamente a guardarci allo specchio con occhi critici. Dai social media alle pubblicità, l’ideale di bellezza sembra essere ovunque: corpi scolpiti, pelle perfetta, sorrisi impeccabili. E il confronto è inevitabile. Ma quanta di questa perfezione è reale? Quasi nulla.

Dietro quelle immagini c’è un lavoro di filtri, luci e Photoshop. Eppure, per molti di noi, soprattutto per i giovani, questo bombardamento di immagini diventa il metro di giudizio per la propria autostima e l’immagine corporea.

Ma che cos’è esattamente l’immagine corporea?

Secondo Cash e Smolak (2011), l’immagine corporea è la rappresentazione mentale che abbiamo del nostro corpo, influenzata da pensieri, emozioni e comportamenti.

Non è solo una questione di come appare il corpo, ma di come lo percepiamo e di quanto siamo soddisfatti di esso. L’autostima, invece, come definita da Zeigler-Hill (2013), è un costrutto multidimensionale che riflette l’autovalutazione complessiva di una persona, che comprende il valore percepito e la capacità di affrontare le sfide della vita. Quando l’immagine corporea è negativa, spesso trascina con sé anche l’autostima, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.

Questo impatto si riflette chiaramente nei disturbi del comportamento alimentare (DCA), che colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, sia giovani che adulti. Tra i principali DCA troviamo:

  • Anoressia nervosa: caratterizzata da restrizione calorica estrema, paura intensa di ingrassare e un’immagine corporea distorta. Spesso porta a gravi complicazioni fisiche e psicologiche.
  • Bulimia nervosa: contraddistinta da episodi ricorrenti di abbuffate seguiti da comportamenti compensatori, come vomito autoindotto o uso di lassativi, per prevenire l’aumento di peso.
  • Disturbo da alimentazione incontrollata (BED): caratterizzato da abbuffate ricorrenti senza comportamenti compensatori, spesso associato a un profondo senso di colpa e vergogna.

Questi disturbi non sono solo un problema legato al cibo, ma rappresentano una complessa interazione di fattori biologici, psicologici e sociali. Secondo il DSM-5 (American Psychiatric Association, 2013), i DCA sono patologie psichiche serie che richiedono un intervento tempestivo e mirato.

E qui entra in gioco l’importanza di un trattamento integrato. I DCA non possono essere affrontati con un unico approccio. Serve una squadra: terapeuti, nutrizionisti, psichiatri e medici lavorano insieme per supportare la persona in modo completo. Non si tratta solo di ripristinare un’alimentazione equilibrata, ma di esplorare le radici profonde del disturbo, come i pensieri negativi sul corpo e il legame tra emozioni e cibo.

Un approccio particolarmente efficace è la combinazione di psicoterapia e strategie complementari. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è spesso il punto di partenza, utile per riconoscere e modificare i pensieri distorti legati all’immagine corporea. Ma accanto alla CBT, altri approcci offrono un supporto prezioso.

La terapia focalizzata sulla compassione (CFT) aiuta a sviluppare un atteggiamento gentile verso sé stessi, alleviando il senso di colpa e vergogna. La mindfulness, invece, insegna a vivere il momento presente senza giudizio, facilitando una relazione più serena con il cibo e il proprio corpo. La terapia interpersonale (IPT), infine, lavora sui conflitti relazionali che possono contribuire al mantenimento del disturbo, migliorando il senso di connessione con gli altri.

Integrazione è la parola chiave. Ogni paziente è unico, e il trattamento deve adattarsi alle sue specifiche esigenze. Questo approccio globale è quello che fa la differenza, non solo nella gestione dei sintomi, ma nel recupero di un senso di equilibrio e benessere che vada oltre il cibo.

Affrontare le pressioni sociali e costruire un’immagine corporea positiva è un percorso lungo, ma possibile.

Il primo passo? Rendiamoci conto che la perfezione non esiste e che il valore di una persona non è mai riducibile al suo aspetto fisico. La bellezza autentica sta nell’unicità di ciascuno di noi, e imparare a valorizzarla è la vera sfida.

Riferimenti bibliografici:

- American Psychiatric Association. (2013). *Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (5th ed.)*. Washington, DC: Author.

- Cash, T. F., & Smolak, L. (2011). *Body Image: A Handbook of Science, Practice, and Prevention*. New York: Guilford Press.

- Fairburn, C. G. (2008). *Cognitive Behavior Therapy and Eating Disorders*. New York: Guilford Press.

- Gilbert, P. (2010). *Compassion Focused Therapy: Distinctive Features*. London: Routledge.

- Kristeller, J. L., & Wolever, R. Q. (2011). Mindfulness-based eating awareness training for treating binge eating disorder: The conceptual foundation. *Eating Disorders, 19*(1), 49-61.

- Klerman, G. L., Weissman, M. M., Rounsaville, B. J., & Chevron, E. S. (1984). *Interpersonal Psychotherapy of Depression: A Brief, Focused, Specific Strategy*. New York: Basic Books.

- Zeigler-Hill, V. (2013). Current directions in self-esteem research: A handbook for the social science of self-esteem. *Psychological Science, 22*(4), 322-328.