Questo articolo di approfondimento sull'empatia nasce da uno scambio significativo con una persona, che ringrazio moltissimo in questa sede. Non smetterò mai di ribadire quanto sia fondamentale l'incontro con l'altro da noi.
Eccoci qui dunque. Quando si parla di empatia, si rischia spesso di confonderla con il contagio emotivo o con altre caratteristiche, come l’alta sensibilità. Quest’ultima, in particolare, è un tratto di personalità che molte persone identificano erroneamente con l’essere empatici, ma che è in realtà una dimensione diversa e complementare.
Che cos’è l’alta sensibilità?
L’alta sensibilità (Highly Sensitive Person, HSP) è un tratto studiato dalla psicologa Elaine Aron, che lo ha definito come una maggiore sensibilità del sistema nervoso centrale agli stimoli esterni, inclusi suoni, immagini, odori e, soprattutto, emozioni. Le persone altamente sensibili percepiscono in modo più intenso ciò che accade intorno a loro e sono più inclini a “sentire” le emozioni altrui, anche quando non sono esplicitamente espresse.
Caratteristiche tipiche dell’alta sensibilità includono:
• Elevata empatia emotiva: Non solo percepiscono le emozioni altrui, ma le vivono in modo intenso. Questo può portarli a sentirsi travolti dal dolore o dalla gioia degli altri.
• Sovrastimolazione: Gli HSP possono sentirsi sopraffatti in ambienti rumorosi o affollati, perché il loro sistema nervoso processa gli stimoli più profondamente.
• Profondità di elaborazione: Tendono a riflettere a lungo sulle esperienze, analizzandole nel dettaglio.
• Maggiore reattività emozionale: Le emozioni, proprie o altrui, hanno un impatto più profondo e duraturo.
Alta sensibilità ed empatia: dove sta la differenza?
Sebbene le persone altamente sensibili possano sembrare “naturalmente empatiche”, essere sensibili e essere empatici sono due cose distinte:
1. Alta sensibilità come predisposizione
L’alta sensibilità è una caratteristica biologica: il sistema nervoso di una persona HSP è più ricettivo agli stimoli, compresi i segnali emotivi. Tuttavia, percepire un’emozione altrui non significa automaticamente comprenderla o saperla gestire. L’empatia, invece, è una competenza che va oltre il “sentire”: richiede la capacità di distinguere le emozioni dell’altro dalle proprie, e di offrire un supporto consapevole.
2. Il rischio di contagio emotivo
Le persone altamente sensibili sono più vulnerabili al contagio emotivo, proprio perché assorbono facilmente il mondo emotivo degli altri. Senza un lavoro di regolazione emotiva, questa tendenza può portarle a vivere uno stato di sofferenza costante, perché non riescono a distinguere tra i propri sentimenti e quelli altrui.
3. Empatia come processo attivo
L’empatia implica una dimensione cognitiva oltre che emotiva. Una persona empatica non solo percepisce il dolore o la gioia dell’altro, ma cerca di comprenderne il contesto e di offrire un supporto adeguato. Questo richiede la capacità di mettere confini sani, cosa che per un HSP può essere particolarmente sfidante, ma non impossibile.
Esempi pratici: alta sensibilità vs empatia
1. Un genitore con un figlio adolescente in difficoltà
- Alta sensibilità: Il genitore nota che il figlio è triste dopo la scuola. Si sente subito sopraffatto e profondamente toccato, al punto che la sua giornata è compromessa. Prova ansia e un forte desiderio di “aggiustare” la situazione per eliminare la sofferenza del figlio.
- Empatia: Il genitore riconosce la tristezza del figlio, si avvicina e gli dice: “Sembra che tu abbia avuto una giornata difficile. Vuoi parlarne?” Rimane presente, senza assorbire il dolore del figlio, e offre un supporto concreto senza perdere la propria stabilità emotiva.
2. Un insegnante con un bambino con bisogni educativi speciali
- Alta sensibilità: L’insegnante vede il bambino che fatica a partecipare a un’attività di gruppo. Si sente travolto dall’angoscia e prova un senso di colpa, pensando: “Devo fare qualcosa subito, non posso permettere che si senta così.” Questa reazione lo porta a intervenire in modo impulsivo, magari facilitando troppo il compito o proteggendo il bambino al punto da impedirgli di affrontare le difficoltà.
- Empatia: L’insegnante si accorge del disagio del bambino, si avvicina e gli dice: “Capisco che questa attività possa sembrarti difficile. Vuoi che la affrontiamo insieme, passo dopo passo?” L’empatia gli consente di accogliere il dolore del bambino, ma di supportarlo nel trovare strategie per superarlo.
3. Un’amica in crisi di coppia
- Alta sensibilità: L’amica racconta di un litigio con il partner. Chi ascolta si sente sopraffatto dalla sua rabbia o tristezza, inizia a vivere le emozioni come fossero proprie, arrivando a provare una profonda ansia o irritazione. Questa reazione può portare a un consiglio affrettato o a un coinvolgimento emotivo troppo intenso, che non aiuta realmente l’amica.
- Empatia: La persona ascolta l’amica, riconosce il suo stato emotivo e le dice: “Capisco che questa situazione ti stia facendo soffrire. Cosa pensi di fare per affrontarla?” In questo modo, offre uno spazio di ascolto attivo e supporto senza assorbire o amplificare il dolore altrui.
4. Un medico con un paziente preoccupato
• Alta sensibilità: Il medico percepisce la paura del paziente e ne è toccato al punto da provare una profonda ansia. Questa reazione può portarlo a minimizzare il problema per rassicurare il paziente o, al contrario, a non riuscire a comunicare con chiarezza.
• Empatia: Il medico riconosce la paura del paziente, rimane calmo e dice: “Capisco che questa situazione ti stia preoccupando. Vediamo insieme quali sono i prossimi passi per affrontarla.” Questo approccio mantiene un equilibrio tra comprensione e professionalità.
Come il lavoro in terapia può aiutare
Il lavoro terapeutico può fornire strumenti preziosi per distinguere l’empatia dal contagio emotivo e per gestire in modo sano l’alta sensibilità. Ecco come:
• Consapevolezza emotiva: Attraverso tecniche come il diario emotivo, la mindfulness o esercizi di grounding, il cliente impara a distinguere le proprie emozioni da quelle altrui.
• Confini emotivi: La terapia aiuta a rafforzare i confini personali, insegnando a dire di no e a prendersi cura di sé senza sensi di colpa.
• Regolazione emotiva: Strategie come la respirazione profonda o la visualizzazione guidata aiutano a gestire meglio le emozioni intense.
• Ristrutturazione cognitiva: Un terapeuta può lavorare su convinzioni disfunzionali, come “devo salvare tutti”, favorendo una visione più equilibrata.
Esempio: un genitore sopraffatto dalla sofferenza del figlio potrebbe apprendere in terapia come riconoscere il proprio bisogno di “aggiustare tutto” e sostituirlo con una presenza empatica e contenitiva, senza perdere sé stesso.