Che cosa ci spinge a scegliere una cosa rispetto ad un’altra? Qual è il principio fondamentale alla base del nostro sistema decisionale?
La risposta che d’istinto viene da darsi è che un individuo, o un qualsiasi altro essere vivente, basa le sue scelte su ciò che è meglio per sé stesso.
Ma come attribuiamo ad una certa cosa o situazione l’attributo di “meglio per sé”? Senza dubbio, per guadagnarsi questo attributo di “migliore per sé”, il nostro cervello deve valutare ed etichettare la cosa o la situazione in oggetto come vantaggiosa, gratificante e piacevole.
Come forse tutti sanno, il cervello è composto da un insieme di cellule altrimenti definite neuroni, tra loro collegati mediante dei lunghi filamenti definiti assoni e dendriti. È attraverso questi filamenti che i neuroni comunicano tra di loro. Come? Rilasciando dei neurotrasmettitori.
Immaginatevi una complessa rete autostradale dove sfrecciano i nostri neurotrasmettitori.
Stile Esplorando il Corpo Umano.
Ora, tra i tanti neurotrasmettitori utilizzati nella comunicazione neuronale, la dopamina è il quello che più negli ultimi anni ha ricevuto attenzione dal mondo scientifico poiché si ritiene sia coinvolta in numerose funzioni cerebrali. Nominiamone qualcuna: comportamento, sonno, motivazione, apprendimento, funzioni cognitive, gratificazione sessuale, umore, allattamento materno ecc…
In particolar modo, la dopamina è responsabile di quella forte spinta alla ricercadella gratificazione e del piacere di cui parlavamo all’inizio dell’articolo e che, durante l’adolescenza diventa la principale forza che guida le nostre esperienze.
In sostanza, in questo periodo evolutivo, i circuiti cerebrali ad attivazione prevalentemente dopaminergica intensificano la loro attività provocando nell’adolescente una fortissima spinta alla ricerca di gratificazione e un conseguente senso di noia per attività che fino a qualche tempo prima divertivano.
Provate a ripensare alla vostra di adolescenza…Non eravate forse sempre alla ricerca di nuovi stimoli?

Questo maggiore rilascio di dopamina ha delle conseguenze sul comportamento nell’età adolescenziale. La più nota è quella di imbarcarsi in attività di vario genere senza valutarne attentamente rischi ed opportunità.
Il fantomatico “buon senso” al quale fanno appello i genitori, quello che fino ai dieci anni sembrava essere presente nella loro persona, è offuscato dal senso di vitalità, dall’attivazione energetica e dal piacere che traggono dal lanciarsi in queste attività.
Possiamo quindi asserire che, per via della fisiologica intensificazione dell’attivazione cerebrale dopaminergica, l’adolescente si ritrova ammaliato e guidato da un unico principio. Quello della ricerca della gratificazione. E come si manifesta questa tendenza nella vita di tutti i giorni?
Sono convinta che voi lettori, genitori o futuri genitori di futuri adulti, sapreste riportarmi esperienze che descriverebbero le mille sfumature di questa tendenza molto delle mie parole (derivanti da letture, studi, osservazione e pratica clinica).
Mi avvalgo quindi dell’aiuto di Daniel Siegel, e dei suoi studi sulla mente adolescente, per identificare tre indicatori: l’aumento dell’impulsività, una maggiore predisposizione allo sviluppo di dipendenze e l’iper-razionalità.
Guardiamoli nello specifico.
Per aumento dell’impulsività si intende la tendenza ad attuare comportamenti senzafermarsi a riflettere. Non si considerano soluzioni alternative, non si fanno valutazioni di pro e contro, si agisce. Facciamo un esempio.
Matteo domani deve andare a scuola. Ma vuole assolutamente finire di vedere l’ultima stagione della sua serie tv preferita.Sono le due del mattino quando finalmente stacca gli occhi dal cellulare e crolla. La mattina dopo non si sveglia per andare a scuola. I suoi genitori vanno su tutte le furie e lo mettono in punizione.
In questo caso, se Matteo fosse stato guidato dal famosissimo “buon senso”,sarebbe andato a dormire ad un certo orario, valutando come più importante il dovere rispetto al piacere. Ebbene, questo processo che a noi adulti sembra scontato, non lo è affatto in questa fase di crescita. Ma non temete! Parallelamente a questo periodo di overdose di dopamina, il cervello adolescente inizia a potenziare un’altra regione cerebrale che ha l’obiettivo di imparare a premere “pausa” quando si presenta un impulso. A rallentare il meccanismo automatico impulso-azione. Questo insieme di fibre nervose, controbilancia la massiccia attività della chiacchieratissima dopamina. Ma c’è bisogno di tempo affinché ciò accada. E di una buona presenza e qualità genitoriale che funga da modello e da specchio.
Passiamo al secondo indicatore: la maggiore predisposizione allo sviluppo di dipendenze. L’incubo di ogni genitore. È bene sapere in questi casi che tutte le sostanze e tutti i comportamenti capaci di creare dipendenza prevedono il rilascio della dopamina.
Dopotutto, come ha giustamente detto il Dott. Schifano, perchéfacciamo uso di sostanze? Perché sviluppiamo dipendenze comportamentali? Perché ci fanno provare piacere. Se sperimentassimo come prima sensazione quella del malessere, non svilupperemmo certo una dipendenza. Non si può considerare un caso quindi che durante l’adolescenza si è più inclini a provare qualsiasi cosa ed esperienza. E cosa ancora più interessante, in questa fase dello sviluppo, c’è anche una tendenza a sentire più soddisfazione, ovvero a rilasciare più dopamina.
Vi starete chiedendo se esserne a conoscenza impedirà ai nostri ragazzi di indulgere in condotte nocive per loro. Molto probabilmente no. Trovo sia però doveroso comprendere che c’è una radice biologica che spiega questo tipo di comportamento.
Se non altro può contribuire a smorzare la tendenza ad esprimere tutta una seriedi pensieri e giudizi che ruotano intorno al mondo della dipendenza in adolescenza. Il ragazzo dipendente da sostanza o da cibi zuccherati o da coca cola o da smartphone, non è cattivo o debole. È solo preda di una fortissima attivazione dopaminergica. E forse sarebbe più congruo ed utile domandarsi come mai, a prescindere dalla sua predisposizione biologica, abbia così bisogno di affidarsi ad un agente esterno per sentirsi gratificato e soddisfatto.
Terzo ed ultimo indicatore. L’iper-razionalità.
Per spiegarvi l’iper-razionalità vi chiedo di ripensare ad una situazione in cui avete dato molta più importanza ad un singolo aspetto di una situazione che alla sua interezza. A quando, valutando la situazione nell’interezza come potenzialmente nociva, avete preferito dare maggior peso agli improbabili esiti positivi.
Il pensiero iper-razionale fa pendere l’ago della nostra bilancia verso i pro, verso i risultati positivi. Anche se i contro sono così tanti!
Per fare un esempio più concreto.
Marco sapeva benissimo che il suo orario di rientro a sedici anni era mezzanotte. Ma ha valutato che l’eccitazione di passare la notte fuori con gli amici e gustarsi l’alba, nonostante i no categorici e le minacciate punizioni, fosse più importante di giorni e giorni di litigi, urla e reclusioni.
Facendo il punto della situazione, sarebbe riduttivo nasconderci dietro le ormai obsolete definizioni dell’adolescente come “immaturo” o “in preda a crisi ormonali”.
C’è in ballo ben altro. C’è in atto una vera e propria rivoluzione cerebrale, tanto affascinante quanto complessa.
Mi rendo conto che tutto ciò non rende meno d’impatto le reazioni adolescenziali all’interno di un sistema famiglia, ma credo fortemente che la comprensione di certi meccanismi sia il primo passo per non cadere in dinamiche di recriminazione e giudizio che hanno l’unico effetto di peggiorare il clima familiare e incrementare i livelli di disagio ed aggressività.